il fratello più forte

 

 

L'isola del tesoro

 

Cari amici, bentornati a tutti. Da oggi vorrei iniziare una sorta di “viaggio” attraverso tutto quello che che, negli anni, mi è capitato di assaggiare o di collezionare (…sempre però con la voglia di tirare il collo a tutto, alla fine!).

L’intenzione è semplicemente quella di riferirvi impressioni e pensieri riguardo ad uno specifico prodotto, senza con questo voler fare una “hit parade” delle mie preferenze o pretendere di insegnare chissà quale verità. Ognuno di noi ha i propri gusti ed è giusto che siano questi a  guidarci nelle scelte che facciamo.

Diciamo che sarei felice di sapere di aver contribuito, parlando della mia sia pur limitata esperienza, al diffondersi dell’interesse verso lo Scotch Whisky.Per ogni malto che prenderò in esame farò una breve introduzione storica, per poi passare direttamente alla cronaca d’ogni imbottigliamento dello stesso da me provato; dove sarà possibile, inoltre, fornirò informazioni sulla reperibilità (negozi, pub o bar dove berli, possibilità tramite la Rete). Inutile dire che chiunque abbia notizie utili da trasmettere farà cosa gradita a tutti comunicandomele (alex1070@tin.it , alessandro@smws.it ), sarà mia cura aggiornare ogni “scheda” con quanto mi perverrà.

Ho deciso di seguire un ordine rigorosamente alfabetico e per questo comincerò dal primo che mi viene in mente il cui nome inizia con la lettera “A”: Ardbeg.La distilleria si trova sull’isola di Islay, uno dei luoghi più suggestivi di Scozia, esposta alla furia dell’Oceano Atlantico e le cui coste sono perennemente battute dal forte vento che soffia dal mare.

Gli attuali impianti sorgono su un luogo che fu per anni la “base” di una famiglia di distillatori clandestini sin dal 1798: i MacDougalls. Si sa per certo che fu un rappresentante di questa famiglia ad iniziare la produzione legale di Whisky nel 1815. Ardbeg è stato, per moltissimi anni, un malto consumato esclusivamente dagli abitanti del piccolo villaggio di pescatori che viveva intorno alla distilleria stessa.A causa del suo sapore prepotentemente carico di iodio e torba (ancora oggi è il Whisky più torbato di tutti) non ha mai ricevuto l’attenzione dei blenders poiché nel blend tende a  coprire ogni altro malto.Purtroppo troppo spesso la sopravvivenza di una distilleria è strettamente legata all’interesse che riscuote tra i blenders , e così la storia di Ardbeg è costellata da frequenti periodi silenti e vari passaggi di mano nonostante l’enorme popolarità che si guadagnò negli anno fra i suoi estimatori. Ad ogni modo i  MacDougalls continuarono ad esercitare i propri interessi nella distilleria fino al 1977 anno in cui fu venduta ad Hiram Walker; iniziò quindi un lungo periodo di inattività che vide decadere non solo la distilleria, ma anche l’insediamento umano che da essa traeva il proprio sostentamento.Nel 1989 fu acquistata dalla Allied Distillers e, nel 1997, passò nelle mani della Glenmorangie; grazie ai notevoli investimenti finanziari ed umani profusi, l’attività ricominciò e nello stesso anno furono prodotti 250.000 litri di Ardbeg (quantità ancora lontana dalla potenzialità a pieno regime).Attualmente la distilleria rimane estremamente tradizionale, con due soli distillatori e washbacks di legno, anche se la parte forse più importante è andata perduta: la malting room, trasformata in un attraente centro per i visitatori (l’ultimo Ardbeg maltato dalla distilleria risale al distillato 1980, successivamente tutto l’orzo è stato lavorato da Port Ellen).Passando agli “assaggi” mi sento di fare subito una premessa: al mio gusto il massimo che abbia mai provato è l’Ardbeg “nero”, come lo chiamano i collezionisti, l’autentico “tesoro dell’Isola”. Si tratta del primo imbottigliamento, che mi risulti, ad essere stato commercializzato su scala europea come prodotto base della distilleria. I primi arrivi in Italia risalgono all’inizio degli anni ’70 ed erano importati dalla Spirit di Genova. La bottiglia portava un’etichetta bellissima nella sua semplicità, a sfondo nero con scritte in bianco ed il nome che troneggiava in grandi caratteri color oro; il tappo era a vite di colore nero ed il vetro trasparente. Il colore del distillato tradiva l’invecchiamento in legno di Bourbon con un’intensa tonalità oro-antico e riflessi ramati; l’invecchiamento era “garantito” di 10 anni con  tenore alcolico a 40 gradi.La cosa che indubbiamente colpiva di più era il sapore: subito si era pervasi da un intenso iodio marino accompagnato dall’immensa dolcezza del malto, il tutto ammorbidito dal calore rilasciato dal legno. Una volta arrivato nello stomaco si veniva letteralmente aggrediti da quella che abbiamo definito essere una torba selvaggia: a non sapere di avere davanti un 10 anni si poteva tranquillamente scambiarlo per un malto decisamente più maturo e, del resto, non si rimpiangeva nemmeno una gradazione più decisa a testimonianza delle qualità assolute di quel prodotto. Fu veramente un’esperienza unica provarlo, ed ancora oggi quando bevo un Ardbeg inevitabilmente scatta il confronto.Avrete notato che ne parlo sempre al passato: riuscire a bere oggi quel prodotto è veramente cosa da pochissimi, non solo per il costo ormai da alta collezione ma anche perché è praticamente impossibile trovarlo, ed anche i collezionisti più forniti non se ne privano tanto facilmente.In generale, comunque, l’Ardbeg è sempre stato un malto di non facile reperibilità e praticamente tutti gli imbottigliatori indipendenti hanno cercato, negli anni, di aggiudicarsi qualche botte da proporre anche senza diluizione. Fino a qualche anno fa erano in commercio delle versioni di G. & M. a 40 gradi di varie annate (ricordo il 1973. ’74, ’75 e 76) sia a 15 che a 20 anni d’invecchiamento. Si trattava di buoni prodotti, ma sia io che altri notammo che le versioni a tappo sughero (con minore invecchiamento) erano di gran lunga migliori, direi più tipiche, di quelle a tappo vite 20 anni. Di aspetto molto semplice (etichetta bianca col nome del prodotto in grande e sotto l’annata) erano vendute nelle tipiche scatole G. & M. con il trasparente sul fronte e venivano importate da Meregalli di Monza. Si trovavano praticamente in tutte le enoteche di un certo livello, recentemente ne ho viste alcune “superstiti” da Gaboardi in Piazza Cinque Giornate a Milano. Credo, comunque, che presso il negozio di Meregalli in centro a Monza sia ancora possibile acquistarne, se la sete dei fans non ne ha prosciugato le scorte!Un grandissimo Ardbeg era quello del nostro Samaroli di Brescia, distillato ’76 e, se non ricordo male, con 15 anni di invecchiamento. Proposto a gradazione naturale, ricordo che nelle tasting notes veniva identificato l’aroma di “pelle di suino”! Sembra incredibile ma al gusto si avvertiva un certo fenolico associabile alla pelle sudata  che ben si accompagnava alla nomea di Whisky aggressivo che il nostro ha sempre avuto. Inutile dire che trovarne una bottiglia è come trovare il classico ago nel pagliaio anche perché, come tradizione per Samaroli, la taratura era decisamente limitata..Per mia sfortuna non ho potuto assaggiare l’imbottigliamento che fece la Society nel ‘90/91 (allora non era ancora presente in Italia); un amico gestore di un bar in Milano, grandissimo appassionato di Ardbeg, mi disse che era il migliore che avesse mai provato. Era invecchiato in Sherry per circa 15 anni e di colore rosso come il sangue venoso.

Purtroppo da allora la Society non ne ha più avuto, che io sappia, almeno non di recente visto che nella nuova bottling list britannica non è disponibile. Nemmeno nella Members Room di Edimburgo, dove mi trovavo in settembre, era possibile berlo…è un piacere che quando c’è va centellinato, in attesa dei tempi di magra!Fortunatamente da quando la distilleria ha ripreso l’attività sono arrivati anche dei nuovi imbottigliamenti facilmente reperibili un po’ ovunque. Personalmente trovo che il 1975 e il 17 anni della distilleria siano niente più che prodotti validi, ma di certo lontani dal mio ricordo del “vero” Ardbeg. Un paio di anni or sono fu introdotto un 30 anni a 40 gradi, del tutto simile nell’aspetto al vecchio 10 anni, ancora disponibile in piccola quantità ad un prezzo accettabile ma dal sapore un po’ troppo gentile per i miei gusti. Una piacevolissima sorpresa è stato il nuovo 10 anni, battezzato TEN, che ha visto la distilleria tornare a metodi produttivi decisamente più tradizionali: niente filtrazione a freddo (ed è ben in evidenza la scritta sull’etichetta) alla classica gradazione di una volta, i famosi 80 proof britannici ovvero 46 gradi. Consiglio a tutti gli estimatori e non di provarlo (…fin tanto che si trova!) perché nel panorama delle produzioni moderne a prezzo accessibile è veramente un bel bere.Da segnalare due autentiche chicche recentemente messe  a disposizione dei membri dell’Ardbeg Committee (www.ardbeg.com) : si tratta di due sole botti distillate nel 1976 in Sherry pieno, proposte a gradazione naturale senza filtrazione. Sono riuscito ad aggiudicarmene una per botte e non ho potuto resistere alla tentazione di aprirne una (quella a 55 gradi, bottiglia numero 177 di 528 dal cask numero 2392). Vi assicuro che è impresa quasi impossibile descrivere il piacere che è stato bere quell’Ardbeg…la cosa migliore da fare è provarlo, ammesso che sia ancora disponibile visto che l’assegnazione è una per socio. Posso solo dirvi che non mi ha fatto rimpiangere il mitico “nero”, è forse il Whisky più complesso ed appagante che io abbia mia bevuto, con tutte le caratteristiche tipiche dell’Ardbeg ed uno Sherry per niente coprente nonostante i 24 anni d’invecchiamento.Come potete ben immaginare, la bottiglia non è durata molto e credo che aspetterò parecchio prima di aprire l’altra, almeno finché la distilleria non ci farà ancora sognare con qualcosa di superbo.

A risentirci a tutti e, come sempre…Slàinte!     

  

    BOWMORE

 

 Home page